Catalogo Cambialamore

potevo dirlo senza rischiare la fucilazione. Stavo prendendo la maturità scientifica, mentre io avrei voluto fare l’artistico. La mia indole creativa repressa tentava di affiorare tramite quegli scritti, buoni probabilmente più per delle gag comiche che per un esame di maturità. Ma è andata. Nel frattempo, senza neanche rendermene conto, erano svanite la casa di Sergio, la mia amica Daniela e anche Roma. L’America, ecco cosa c’era nel mio futuro. D'altronde, me lo aveva prescritto il medico. Sì, perché avevo problemi di grandi ritardi con il ciclo e dopo tesi, antitesi, analisi e diagnosi varie senza che emergessero fattori determinanti, ma anche senza riuscire a risolvere la questione, l’ultimo di una lunga lista di dottori, guardandomi fissa negli occhi mi chiese: “Ma tu, che vorresti fare?” Ci ho riflettuto intensamente undici secondi e: “Io voglio viaggiare e andare a vivere in America!” L’ America per me rappresentava il sogno, l’opportunità, la possibilità di realizzare la parte di me che sentivo, ma che ancora non conoscevo. E così, finalmente finito il liceo, dopo l’epilogo Morettiano misi in pratica il consiglio di volare oltreoceano. A proposito: funzionò, ebbi il mio sospirato menarca (che bella parola per un avvenimento che, diciamolo, proprio entusiasmante non è) ad un ritmo più umano. Ero andata a vivere a Santa Cruz, in California, dove un gruppo di amici mi stava aspettando: e mi avevano lasciato una stanza in una casa chiamata ‘Trash House’ – mai appellativo fu più appropriato. C’era anche il mio ragazzo, Chris, che continuava a dirmi quanto fossi ‘soft’. Era un complimento, da non intendersi come molliccia, please. Lavoravo in un ristorante, davo lezioni di italiano, danzavo, dipingevo e volevo iscrivermi all’università. Il problema era che non si faceva al- 16

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