Catalogo Cambialamore

ricani con lunghi fucili spianati. Nell’istante in cui è stata scattata la foto, la faccia di quello sconosciuto rispecchiava la paura, l’impotenza, lo sgomento. I suoi occhi spalancati mi fissavano con insistenza, e in quello sguardo insidioso riuscivo a leggere solo una domanda: perché? Sulla foto ho riconosciuto una delle strade di Baghdad, quattro anni fa camminavo proprio là, ma quella fuga prospettica in cui i palazzi diventano un sottofondo insignificante poteva illustrare qualsiasi altro luogo. Poteva essere una via di Hanoi, come nella foto di Eddie Adams “Esecuzione sommaria di un Vietcong”, del 1968, premio Pulitzer per il fotogiornalismo. Soltanto nel corso dei miei studi storiografici ho appreso che quell’immagine aveva isolato un atroce istante prima dell’esplosione del colpo, e che l’esecuzione avvenne in un modo così plateale perché c’erano i fotoreporter…. Adesso riguardandola, so di osservare l’attimo in cui la morte è la posta in gioco. Vedo la morte al futuro, pur sapendo che questo Vietcong è stato ucciso 46 anni fa, in quell’istante. Quando penso a una pistola rivolta contro un uomo mi torna davanti agli occhi il quadro di Francisco Goya “3 maggio 1808: fucilazione alla Montaña del principe Pio”. Quell’immagine “scattata” a pennello è la prima denuncia intensa ed espressiva contro la violenza bellica. Le vittime nel dipinto si esprimono con gesti terribili, coprendosi con le mani le facce deformate dalla paura della morte. Davanti a loro il plotone di esecuzione, di spalle e senza volto. Il principe aspetta il colpo in posizione trionfale. La sua camicia innaturalmente bianca, il sangue rosso che scorre ai suoi piedi e il triangolare raggio di luce gettato dalla lanterna sulla tragedia, hanno una forte carica simbolica della morte innocente. Ugualmente bianca era la camicia di un miliziano spagnolo scagliato all’indietro dall’impatto di una pallottola franchista in una nota foto di Robert 41

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